L BLOG 03/09/2020 11:46 CEST | Aggiornato 03/09/2020 11:46 CEST
Non voglio neanche commentare le manifestazioni o i proclami anti-covid: se qualcuno è convinto di sconfiggere una epidemia richiedendo la libertà di fare come lo struzzo, negando il pericolo, pare difficile articolare una ragionevole interlocuzione. Evitare di guardare il pericolo è una strategia perdente: di fronte a un rischio evidente e comprovato una persona ragionevole tiene gli occhi aperti e predispone una possibile strategia di riduzione, se non di abbattimento del rischio.
Troppa pressione è stata esercitata da uno strombazzante coro no-covid, no-mascherine, no-“limiti alla libertà di fare ciascuno quel che gli pare”. Abili agitatori politici hanno fatto leva sulla insofferenza per le oggettivamente antipatiche misure anti-contagio; favoriti da una diffusa difficoltà a gestire l’informazione sui dati Covid in un paese in cui pochi hanno dimestichezza con elementari concetti statistici. Questa ondata social e mediatica ha dettato, per paura di far riaffiorare le polemiche sulla didattica a distanza, frettolose norme sul rientro in presenza a tutti i costi, e con orari normali (“non sarà persa un’ora”).
Prima della attuale ripresa nella replicazione dei casi di contagio dovuta al “liberi tutti” delle vacanze imprudenti potevamo sperare in una coda sempre più ridotta del numero degli infetti. Ma così non è.
Quindi le norme sul rientro a scuola sono state fortemente condizionate dalla impossibilità di fare altrimenti a condizioni edilizie date e a sentimenti dell’opinione pubblica dati, più che da una presa d’atto della situazione effettiva del contagio.
Prima di tutto supponendo per il rientro in classe una distanza minimale di un metro, quando in molti altri paesi europei ci si attestava almeno al metro e mezzo o due metri.
Poi sottovalutando l’importanza delle mascherine, così antipatiche da portare, ma, a giudizio di innumerevoli contributi scientifici, così importanti nel contenimento del contagio. Infatti la prescrizione di portare mascherine a scuola (con le dovute eccezioni), prevista nel documento del CTS di fine maggio e incluso nelle Linee guida “Piano scuola 2020-21”, si è persa per strada.
Infine nel timore di articolare ipotesi di didattica a distanza integrata alla didattica in presenza, ed evitando accuratamente di predisporre un qualsiasi piano B. Non solo nel senso di cosa fare da un punto di vista sanitario se un docente o un alunno manifesti sintomi da contagio. Ma anche su come inventare forme didattiche alternative che evitino condizioni di diffusione del contagio.
E cosa fare didatticamente una volta che il singolo, la classe, il gruppo, la scuola siano da isolare, per evitare di ricadere nella semplice sottrazione del servizio educativo. Vero è che nelle Linee guida per la DDI (uscite i primi di agosto) a tutte le scuole è stato chiesto di stendere un “Piano scolastico per la didattica digitale integrata (DDI)” a integrazione del Ptof (la stesura di un Piano non si nega mai a nessuno…). Inoltre dovranno scegliere piattaforme e curare archivi elettronici (repository scolastiche), e integrare il regolamento di istituto includendo norme relative alla didattica a distanza.
Ma al di fuori di questi adempimenti e procedure si rimanda alle usuali regole della autonomia scolastica.
Invece credo sia importante tematizzare la complessa e probabile situazione di innumerevoli situazioni borderline, di malattie invernali a sintomatologia simile al Covid, di focolai circoscritti di Covid, di persone o situazioni per le quali il rischio di un rientro nelle condizioni attuali sia eccessivo. Di situazioni, cioè, in cui il vincolo ideologico della “presenza e solo presenza” rischia di rovesciarsi nella “assenza e solo assenza”.
Eppure è fondamentale predisporre strategie per recuperare in situazioni disottimali un ragionevole prosieguo della attività didattica. Che non può essere solo il collegamento da casa per l’alunno in quarantena (E se è in quarantena il prof? O se è un lavoratore fragile? O se ha semplicemente un raffreddore ma attende risultati sul Covid?). A oggi pare che l’unica alternativa alla presenza del docente sia l’assenza e la sostituzione.
Autorevoli fonti ci dicono che in ambienti chiusi, o parzialmente areati, l’emissione e la diffusione per via aerea di goccioline anche molto piccole contenenti il virus non si ferma certo al metro e non si diffonde in linea retta. Ragione per cui la principale garanzia sul fatto di non avere contagi in classe consisterà nel fatto di non avere in classe persone contagiose.
Possibili turnazioni, lavori in piccoli gruppi e altre soluzioni richiedono flessibilizzazioni del monte ore scolastico non pervenute; integrazione di didattiche a distanza e in presenza (e le necessarie relative infrastrutture e tecnologie) sono state demonizzate e si è finito per parlare solo di acquisto di banchi e di distanziamento fisico.
Siamo il Paese in cui alla politica si chiede persuasività retorica, e non risultati; e in cui si affida il futuro alla fortuna e non alla previsione. Quindi speriamo che ce la caviamo.